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Quando nel 734/733 a.C. Archia di Corinto e i suoi compagni giunsero sulle coste tirreniche della Sicilia, trovarono la Νῆσος già occupata dai Siculi e, dopo averli sconfitti, vi si stabilirono (Tucidide VI, 3,2): è il primo tassello, per quanto a noi noto, di quel palinsesto che diventerà Ortigia nei secoli a venire. Indagarne gli sviluppi, coglierne i segnali di continuità e di frattura, leggerne le stratificazioni significa studiare Siracusa, perché, fino alle soglie della contemporaneità, Ortigia si è identificata con la città.
I coloni corinzi scelsero uno dei luoghi più appetibili dell’Occidente: una piccola isola, facilmente difendibile, ma separata da un brevissimo braccio di mare dalla terraferma, dotata di due favorevoli porti naturali e di una ricca sorgente di acqua dolce.
Fu grazie alle ricerche di A. Holm e F.S. Cavallari, prima, e di P. Orsi poi che, a partire dalla fine dell’800, il problema della topografia di Ortigia nella diacronia fu posto in termini scientifici. Dopo la grande stagione degli scavi (1888-1932) promossa dall’archeologo roveretano, furono G. Cultrera, negli anni ’30 e ’40, e P. Pelagatti, negli anni ’70 e ’80, a raccoglierne l’eredità in materia di ricerche estensive nel tessuto urbano. Infine si devono a G. Voza, alla guida della Soprintendenza dal 1979 al 2004, le ultime indagini archeologiche di un certo respiro.
Quasi un secolo e mezzo di archeologia urbana ha documentato un’ininterrotta continuità di vita a partire almeno dal Bronzo Antico, quando l’occupazione degli spazi è forse già connessa con una prima vocazione sacra. L’arrivo dei coloni, preceduto da una lunga fase di contatti con gli indigeni, vede la subitanea lottizzazione della terra e la delimitazione dei luoghi consacrati alle divinità: Artemide e Apollo. Questa spiccata vocazione al sacro continua anche nei secoli successivi, quando Ortigia vede la successione di importanti opere di monumentalizzazione, come la costruzione dei tre grandi peripteri, l’Apollonion, il Tempio Ionico e l’Athenaion.
Con l’ascesa al potere di Dionisio, alla fine del V sec. a.C., l’isola viene progressivamente trasformata in una fortezza, alle strette dipendenze del tiranno e dei suoi soldati. Ed è in questo momento, quando Siracusa si avvia a diventare una delle grandi potenze internazionali, che emerge l’altra vocazione di Ortigia, accanto a quella sacra, quella di centro di esibizione e gestione del potere. E tale rimane anche durante il governo dei basiléis ellenistici e soprattutto con la conquista romana del 212 a.C., quando viene imposto ai cittadini il divieto di residenza sull’isola.
Un altro importante momento di cesura interviene alla fine del IV sec. d.C., quando, in accordo con l’editto di Teodosio, i templi pagani vengono abbandonati e cadono parzialmente in rovina. Ma gli spazi sacri mantengono la loro destinazione d’uso e, con la riconquista di Giustiniano, i templi vengono trasformati in chiese, mentre l’assetto urbanistico, mantenuto quasi inalterato per secoli, comincia a mutare, anche a causa dell’ingresso delle sepolture all’interno del perimetro delle mura. Questi cambiamenti si fanno via via più consistenti con la conquista araba, quando le aree pubbliche comincino ad essere invase dalle abitazioni private, ma le aree sacre mantengono la loro vocazione, mutando semplicemente il culto, come avviene per l’Apollonion, trasformato in moschea. Questa tendenza disgregatrice continua anche dopo la conquista normanna, che vede la restaurazione del cristianesimo, e il successivo dominio Svevo, con l’unica eccezione della costruzione del Castello Maniace nel XIII sec.
Forti segnali di cambiamento si datano solo con l’avvento di Carlo V, quando si mette mano a nuove opere di fortificazione e, nel XVII sec., viene ridisegnato il paesaggio nella zona di collegamento con la terraferma. Ortigia riacquista la sua vocazione militare, diventando la sede dell’alloggiamento delle guarnigioni, e mantiene tale ruolo fino all’annessione al Regno d’Italia, quando vengono smantellate le opere di fortificazione, in previsione di un nuovo piano urbanistico che, comunque, non muta nella sostanza l’assetto medievale dell’abitato. Sono poi gli interventi di epoca fascista che, spinti dalla volontà di recuperare le antiche glorie di Siracusa, apportano l’ultimo grande cambiamento nel volto dell’isola, con lo sventramento di parte dell’abitato e la creazione della via del Littorio.
In Ortigia, forse con una continuità sconosciuta altrove, l’acropoli è luogo del sacro e luogo del potere, una duplice vocazione che, nonostante le continue stratificazioni di “città sopra le città”, gli abitanti hanno sempre mantenuto e rinnovato.
(Andrea Averna)
Bibliografia di riferimento
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In 734/733 BC Archias of Corinth and its companions arrived on the Tyrrhenian coasts of Sicily, where they found out that the Νῆσος was already occupied by the Sicels and, after having defeated them, they settled in (Thucydides, VI, 3,2): this was the first step, as far as we know, which lead to the establishment of Ortygia in the following centuries. To investigate its development, to highlight the signals of continuity and discontinuity, to read its stratification means to study Syracuse: indeed, until the threshold of contemporaneity, Ortygia was identified with the city itself.
The Corinthians settlers chose one of the most attractive places of the West: a small island, easy to defend, separated from the inland by a thin strait of sea, favourably endowed with two natural ports and a rich freshwater spring.
Thanks to research conducted by A. Holm and F.S. Cavallari first, and by P. Orsi later on, from the end of the eighteenth century, the problem of the diachronic topography of Ortygia was set in scientific terms. After the great season of excavations (1888-1932) promoted by the archaeologist from Rovereto, G. Cultrera in the years ’30 and ’40, and P. Pelagatti in the years ’70 and ’80 continued extensive research on the urban area. Finally, during the last years, important investigations were achieved by G. Voza at the head of the local Soprintendenza from 1979 to 2004.
During one century and half of urban archaeology, it was documented the uninterrupted continuity of life starting form at least the Early Bronze Age, when the occupation of the site was already connected with a first sacral function. The arrival of colonists, preceded by a long phase of contacts with the indigenous people, consequently lead to the allotment of lands and the delimitation of spaces consecrated to the divinities: Artemis and Apollo. This pronounced arrangement to the sacred continued in the following centuries, when a sequence of important monumental works was accomplished at Ortygia, for instance, the construction of three huge peripteral temples: the Apollonion, the Ionic Temple, and the Athenaion.
After the ascent to power of Dionysius by the end of the 5th cent. BC, the island was progressively transformed into a fortress, in the strict service of the tyranny and its soldiers. In this moment, when Syracuse began to turn into one of the major powers of the Mediterranean area, the other character of Ortygia started to emerge parallel to the sacral one: as the hub of the management and exhibition of power. This status continued during the Hellenistic government of basiléis as well as during the Roman conquer in 212 BC, when the prohibition of residency on the island was imposed to citizens.
Another important moment of discontinuity happened by the end of the 4th cent. AD with the Theodosius’ edict, when the pagan temples were abandoned and fell partially into ruins. However, the sacred spaces maintained their function and, with the reconquer by Justinian, the temples were transformed into churches. Instead, the urban morphology, remained almost unaltered for centuries, began to change, also attested by the presence of burials within the urban perimetral wall. Such transformations were even more emphasised during the Arabic conquest, when the public areas were invaded by private dwellings. The sacred spaces continued their role by simply changing the cult, as happened for the Apollonion which was transformed into a mosque. Such disruptive tendency continued also after the Norman conquest with the restauration of Christianity and the successive Suevian dominance, with the only exception of the Maniace Castle construction in the 13th cent. AD.
Strong signals of transformation are attested with the arrival of Charles V when new fortification projects were endorsed; furthermore, in the 17th cent., the connective territory with the mainland was redrawn. Ortygia reacquired its military vocation becoming the garrisons’ barracks site, role which lasted until the annexation to the Kingdom of Italy; then, the fortification constructions were dismantled in prevision of a new urbanistic plan which, however, did not drastically transformed the Medieval town layout. During the Fascist period, the last great modification to the island was carried out: with the scope of re-establishing the ancient glories of Syracuse, part of the district was disembowelled to open the space for the creation of Via del Littorio.
At Ortygia, with its unique not common continuity, the acropolis has been the place of the sacred and the power, in a twofold tendency which, despite the “cities over the cities” continuing stratifications, the inhabitants have always maintained and restored.
(trad. a cura di Ilaria Cristofaro)
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